
Terra di lavoro
Ho sempre avuto l'impressione che lì sotto, in quella casa a pochi chilometri dalla mia, si celasse qualcosa di perduto, qualcosa che non appartiene più ai nostri tempi. Per oltre un anno, ho percorso quella strada, passando sul ponte da cui la si scorge in un apertura fra la boscaglia.
Guardando con più attenzione, capita di distinguere figure umane. Capita di vederle aggirarsi nel piccolo campo che circonda la casa o ferme sull’uscio, per poi sparire con un passo nel buio degli interni. Dentro , il tempo è fermo.
L’ultimo secolo sembra non aver mai varcato la soglia. Salvatore, Cristina e il figlio l’hanno visto passare fuori, tra l’alternarsi delle stagioni e le auto che sfrecciano sul ponte: con una vita d’altri secoli, sono vivi in questo.
La luce che dai campi s’ insinua nel buio delle stanze, scopre anime non corpi, anime del nostro tempo, imprigionate in una storia che non è piu nostra; nella penombra, ne rileva la fame, la vecchiaia, la solitudine. La luce che piove su queste anime è, ancora, quella del vecchio meridione, la stessa che per oltre un secolo ha rischiarato Terra di Lavoro.
Terra di Lavoro era il termine utilizzato per indicare una delle province più grandi d’Italia, comprendente, fin dopo l’unità, gran parte della Campania e del Lazio. Il luogo, solcato a lungo dalle lotte dei contadini contro i padroni , nella metà del novecento, mostrava ancora il suo carattere agricolo, nonostante buona parte della popolazione lo avesse gia abbandonato per cercare fortuna altrove. Nei suoi terreni, per i quali la Campania ha meritato l’appellativo di Felix , oggi quel lavoro legato al tempo ed alle stagioni è del tutto scomparso e la memoria di questa terra e di questa popolazione è conservata solo da chi, per scelta o necessità, non è andato ad incontrare il futuro.
Tracce della memoria del territorio restano impresse nell’umile intimità di una casa e nella storia di questa famiglia che soccombe al tempo e alle dominazioni.